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Che fine ha fatto Marko Livaja, dal titolo campione d’Italia con la Primavera alle offese razziali agli italiani all’AEK

Se andiamo a vedere la rosa dell’Inter campione d’Italia primavera nella stagione 2011/12 (rosa che vinse anche la NetGen Series, la Champions per le squadre giovanili, alla prima edizione), erano tanti i giocatori che parevano promettere parecchio.

C’era Ibrahim Mbaye, poi ceduto al Bologna e divenuto un panchinaro dei felsinei, c’erano a centrocampo Benassi, Bessa e Duncan in lotta per un posto da titolare tra Verona e Cagliari – tra infortuni e scelte diverse degli allenatori – c’erano in attacco Samuele Longo, Luca Garritano Francesco Forte – attualmente tutti impegnati nel campionato cadetto.

Meriterebbero tutti un apposito post e probabilmente glielo dedicheremo anche, ma in questa sede parleremo di Marko Livaja, punta croata.

Giunto nella Primavera nerazzurra dopo un lungo girovagare (per lui passaggio attraverso le giovanili di Dinamo Zagabria, Hajduk Spalato e Cesena) realizzò una delle tre reti con cui la squadra guidata da Bernazzani si impose sulla Lazio nella finale di campionato.

Giocò anche 13 parite con i grandi (realizzando 4 reti in Europa League – di seguito una doppietta), prima di essere ceduto nel 2013 all’Atalanta nell’ambito dell’operazione che portò Schelotto a Milano (Schelotto, meteora di cui ricorderemo il gol in un derby terminato 1-1).

Per lui, dopo, fu nuovamente girovagare:

Atalanta, per l’appunto, con 6 gol in una stagione e mezzo e una polemica con l’allenatore Colantuono, con tanto di post a sfondo razziale su Facebook insultando gli italiani (“Italiani bastardi”).

Poi la Russia, al Rubin Kazan.

Poi Empoli, nell’ultima esperienza nel Bel Paese (evidentemente non troppo Bel per lui).

Poi isole carnarie (Las Palmas) e infine, dal 2017/18 AEK Atene: per lui 43 reti in 141 gare e – forse – una scelta di vita.

E chissà che penserà dei greci (una faccia, una razza – you know).

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