Tutti ricordano la punizione di Adriano contro il Real Madrid nell’amichevole del 2001. In pochi ricordano l’impatto devastante.
È il ferragosto del 2001. Siamo a cavallo tra il vecchio e il nuovo mondo.
Il nuovo millennio è iniziato da poco, Genova ha dimostrato che le derive autoritarie sono possibili (più dell’altro mondo che il movimento vorrebbe) ma ancora le Torri Gemelle sono in piedi.
Al Santiago Bernabeu si disputa una amichevole di prestigio, tra Inter e Real Madrid: da un lato c’è l’Inter di Ronaldo e Vieri, ma senza il Fenomeno reduce dal drammatico infortunio dell’Olimpico, dall’altro il Real Madrid che non è ancora dei Galacticos ma che ha già vinto otto coppe dei campioni (e vincerà la nona al termine della stagione seguente).
Siamo al minuto 84, la partita è sull’1-1 dopo le reti di Vieri in apertura e di Hierro dal dischetto al 36′. Hector Raul Cuper decide che è il momento di fare entrare in campo quel brasiliano giunto quasi per caso come contropartita nella trattativa che porta l’oggetto misterioso Vampeta a tornare in Brasile.
Si chiama Adriano Leite Ribeiro ed è conosciuto da pochi addetti ai lavori, tra cui il telecronista che commenta il match in Spagna, che dichiara al suo ingresso: “È un calciatore interessante, nazionale under 20 del Brasile, in ottime condizioni, un mancino molto potente. Molto potente, ancora inesperto”.
Ebbene, questo under 20 inesperto alla prima palla si inventa un tunnel.
Alla terza, mette in moto con una sponda un giovane Nicola Ventola, che raggiunge il fondo e gli pennella un cross che per poco il brasiliano non trasforma in rete di testa.
Al 90′, poco più di cinque minuti dal suo ingresso in campo supera a sportellate Salgado prima di seminare un po’ di panico nella difesa delle merengues, prima di farsi abbattere sul limite dell’area da Ivan Campo.
L’arbitro fischia, ammonisce il difensore spagnolo, passano secondi, forse anche un minuto. Seedorf parlotta con questo 20enne brasiliano che fino a poco prima quasi nessuno conosce, è sul punto di battuta.
Anche Adriano lo è. Ed è proprio il sinistro a partire, lasciando partire un missile, che tutti ad oggi ricordano. Si narra che la punizione raggiunse i 178 km/h, per certo gli appassionati del gioco del pallone (e non solo gli interisti) continuano a ricordarla tutt’oggi, sebbene in pochi ricordino l’impatto devastante sin da principio del ragazzo, la cui sfortuna sarà poi quella di perdere il padre, entrando in una spirale negativa dalla quale non uscirà più, lasciando un immenso rimpianto a tutti gli amanti del gioco più bello del mondo.
E non parliamo di PES, dove Adriano era ai limiti del cheat code, ma del calcio in sé – giacché rimaniamo tutti con l’idea che questo ragazzone classe ’82 avrebbe potuto scrivere pagine di storia – se solo avesse voluto.
Circa la perdita del padre, gli attribuiscono sul web queste parole.
Non sappiamo se sono apocrife, ma siamo certi (perché lo ha narrato più volte) che la perdita del padre è stato un lutto dal quale non s’è più ripreso:
“Nove giorni dopo aver vinto la Copa America 2004 contro l’Argentina in finale, sono tornato in Europa con l’Inter. Ho ricevuto una chiamata da casa. Mi hanno detto che mio padre era morto d’Infarto. Vi dirò che dopo quel giorno, il mio amore per il calcio non è più stato lo stesso. Lui amava il gioco, quindi io l’ho adorato. Così semplice. Era il mio destino. Quando giocavo a calcio giocavo per la mia famiglia. Quando ho segnato, ho segnato per la mia famiglia. Poi, quando morì mio padre, il calcio non fu più lo stesso. Ero dall’altra parte dell’oceano in Italia, lontano dalla mia famiglia, e semplicemente non riuscivo a sopportarlo. Ero così depresso, amico. Ho iniziato a bere molto. Davvero non volevo allenarmi. Non ha niente a che fare con l’Inter. Volevo solo andare a casa. Non tutte le lesioni sono fisiche, capisce? La stampa a volte non capisce che siamo esseri umani. È stata molta pressione essere l’Imperatore. Vengo dal nulla. Ero un bambino che voleva solo andare a giocare a calcio e poi bere il suo drink e uscire con i suoi figli. E so che non è qualcosa che si sente dire da molti giocatori di questi tempi, perché è tutto molto serio e ci sono un sacco di soldi in mezzo. Ma sono solo onesto. Non ho mai smesso di essere quel ragazzo della favela”.