San Siro verrà con ogni probabilità demolito e Inter e Milan giocheranno in un altro stadio. Cosa sarà della memoria di Giuseppe Meazza?
Ha giocato con le maglie dell’Inter e del Milan, quando Inter e Milan erano state ribattezzate per non infastidire il regime (rispettivamente Ambrosiana Inter e Milano). Ha giocato anche nella Juventus. Ha vinto due mondiali ed è tutt’oggi il secondo marcatore nella storia della Nazionale italiana. Rimane però in primo luogo un simbolo della Beneamata, di cui fu anche allenatore a più riprese. Parliamo di Giuseppe Meazza, altresì noto come Peppìn, pezzo di storia del calcio tricolore cui è stato intitolato nel 1980 lo stadio San Siro.
E in questi tempi in cui San Siro sembra destinato alla demolizione, il pensiero va al fuoriclasse meneghino che in nerazzurro realizzò 283 reti in 409 gare: come verrà ricordato in un eventuale nuovo impianto di Inter e Milan?
Ne ha parlato alla Gazzetta il nipote di Meazza, Federico Jaselli Meazza – madrileno d’adozione (è stato presidente dell’Inter Club della capitale spagnola):
“Non so quale sarà la direzione, e noi, come famiglia, auspichiamo che il nome venga mantenuto perché… sacro. Meazza è un simbolo di Milano, unisce le due squadre in tutto il mondo. Una volta in un pub di una cittadina inglese, leggendo il mio documento, il barista che spillava una pinta mi disse: ‘Meazza come il campione?’. Qui in Spagna, poi, tutti chiamano lo stadio con il nome del nonno più che San Siro. Eppure, sono realista, immagino sia complicato conservare tutto come prima viste le esigenze degli sponsor. Spero che si faccia almeno altro…”.
Effettivamente sarebbe doveroso continuare a ricordare Meazza, che ha unito le due compagini meneghine e che è ricordato come uno dei giocatori italiani più forti di sempre.
E così il nipote ha buttato lì un paio di idee:
“Sarebbe bello che un giorno gli venisse intitolata almeno una parte del nuovo impianto, magari una tribuna. E poi teniamo tutti molto alla famosa targa di fronte a cui turisti, tifosi curiosi fanno spesso una foto ricordo. Andrebbe smontata, tenuta come una reliquia, e riposizionata: sarebbe un legame tra vecchio e nuovo, grande passato e futuro da scrivere. Possono sembrare solo oggetti, come le medaglie e le scarpe conservate nel museo, ma raccontano la storia di un campione. E di un nonno felice ogni volta che entrava allo stadio”.
Meazza e San Siro, un rapporto più da spettatore che da calciatore
Nell’arco dell’intervista, interessanti un paio di aneddoti raccontati dal nipote di Pepìn.
Come i momenti vissuti allo stadio da spettatore:
“Meta anni Settanta, io negli spogliatoi con lui mi trovo davanti a Mazzola e Facchetti: sembravano giganti. Ricordo il rumore dei tacchetti di Mazzola che si scaldava, sembrava un film. In tribuna a volte c’era vicino a noi Johnny Dorelli assieme al figlio Gianluca: io e lui facevamo casino e il nonno ci rimproverava. Aveva la vecchia usanza, molto milanese, di andare via per evitare il traffico quando la lancetta dell’orologio segnava la mezz’ora esatta del secondo tempo. Appena ci alzavamo io e lui, tutta la tribuna applaudiva“.
Perché Meazza, da calciatore, aveva dato il suo meglio in un altro impianto meneghino – l’Arena Civica:
“Le gesta del Pepìn risplendono in eterno all’Arena, casa interista fino al 1947. Con l’Ambrosiana lui vinse lo scudetto 1929-1930, 1937-1938 e 1939-1940, con l’ultima partita giocata eccezionalmente proprio a San Siro per accogliere il pubblico. Ma il nonno era a bordo campo con una gamba appoggiata a una sedia per colpa del… “piede gelato”: l’avevano chiamata così, era una patologia che impediva la circolazione. In quello stadio ha segnato 7 volte in azzurro, ma a me piace ricordarmi di lui quando, da bambino, mi accompagnava a vedere l’Inter. Era la scoperta di un mondo magico”.
Clicca qui per seguire nerazzurri.news su Google News