A due giorni dal compleanno, il diciassettesimo presidente della storia dell’Inter – Ernesto Pellegrini – è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport.
Il numero uno del club nerazzurro tra il 1984 e il 1995 (che ha portato con sé lo scudetto dei record, una Supercoppa italiana e due coppe Uefa) ha parlato alla Gazzetta dello Sport della sua vita e del suo rapporto con la Beneamata.
Partendo dalla sua vita: “Ringrazio il Signore per quanto ho avuto in questi 80 anni che, comunque, non sento. Godo di buona salute, ho una bella famiglia, una figlia che mi ha regalato due nipotini meravigliosi, un’azienda che mi dà soddisfazioni con 9.400 dipendenti e in continuo sviluppo”.
Quindi, sull’Inter: “Andai allo stadio a vedere Inter-Juventus nel 1954, ma quella partita non la vidi per l’assembramento dei tifosi nei corridoi dello stadio che mi impedivano la visuale. Quel giorno dissi: “Diventerò il presidente dell’Inter”. Ma sognavo… I campioni? Da ragazzo, Luciano Redegalli, figlio del maniscalco che lavorava in cascina, con cui palleggiavo nel cortile di casa. Poi Skoglund e Brighenti, indimenticato bomber dell’Inter e della Nazionale italiana. Da presidente, invece, ricordo Rummenigge, a quei tempi il miglior attaccante del mondo, simbolo della mia Inter, Klinsmann e tutti, indistintamente, i giocatori con i quali vinsi lo scudetto dei record”.
Una battuta sul grande ex di quei tempi Silvio Berlusconi, presidente dell’altra squadra di Milano (con cui vincerà anche più che Pellegrini): “Rapporti ottimi. Ricordo quando io, in difficoltà con l’Inter e lui, presidente del Consiglio, mi scrisse una lettera di suo pugno che recitava: ‘Caro Ernesto, quanti travagli per tutti! Andiamo avanti con coraggio, alla fine chi ha cuore vince! Un abbraccio affettuoso e… forza Inter'”.
Per finire, su Antonio Conte: “È un grande allenatore. Mi permetto, con l’esperienza dei miei 80 anni, di dargli un consiglio: portare nello spogliatoio serenità, entusiasmo e tanti sorrisi. Le racconto un aneddoto. Guglielmo, mio nipote che ha 4 anni e mezzo, ascoltando un dialogo di lavoro tra me e mia figlia su una gara non vinta un giorno esclamò: “Nonno, chiudi gli occhi, fai un respiro e sorridi. Vincerai tutte le gare!”.