Quando iniziai a seguire il calcio correva la stagione 1994/95.
La stagione della prima serie A vinta dalla Juventus dopo lungo tempo, la stagione della finale di Coppa dei Campioni persa dal Milan contro un giovanissimo Ajax.
Ricordo che quell’anno conoscevo un po’ tuta la serie A, nel senso che – ai limiti dell’autismo – appresi tutte le rose della massima divisione grazie all’album delle figurine Panini.
Nel Torino non poteva non colpire la presenza di un calciatore di colore dal nome ridondante, Pelé Abedi Ayew.
Pelé, né più né meno: come Edson Arantes do Nascimento ed in onore a lui, ché il Pelé che vestiva la maglia del Torino era così forte da meritarsi queso appellativo.
Rimarrà d’altra parte nella storia come il più grande calciatore ghanese della storia e uno dei calciatori africani più forti di tutti i tempi: non male per un calciatore che nella sua carriera vincerà a 18 anni (immaginiamo 18 anni, sappiamo dei problemi legati all’età in terra africana) la Coppa d’Africa (era il 1982 e sarà l’ultima vinta dal Ghana, ad oggi) e in seguito la Coppa dei Campioni con la casacca dell’Olympique Marsiglia (superando in finale il Milan, grazie alla sua battuta del calcio d’angolo decisivo).
A Torino due stagioni: “la prima eccellente, con dieci reti, la seconda deludente, culminata con la retrocessione del Torino, a 7 anni dall’ultima, proprio nel ventennale dell’ultimo scudetto” (citiamo Wikipedia).
Ma non siamo qui per parlare di Abedi Pelé, ma di un altro Pelé che fece capolino nel calcio tricolore un decennio dopo – a metà degli anni ’00.
Parliamo di Vítor Hugo Gomes Passos, centrocampista portoghese classe 1987 che nel 2007 fu acquistato dall’Inter dal Vitoria Guimaraes.
Perché fosse conosciuto come Pelé non c’è dato saperlo, ma giunse per 2 milioni di euro con i crismi della grande promessa: è reduce da un grande Mondiale Under 20 (competizione notoriamente illusoria) dove il suo Portogallo non supera gli ottavi di finale (cui era giunto superando la fase a gruppi come ultima tra le migliori terze).
Per lui, in una stagione sola (da ventenne) 22 presenze e 2 reti in Coppa Italia: la Coppa non arriverà nonostante una sua (splendida) rete in finale contro la Roma ma arriverà lo scudetto con Roberto Mancini in panchina.
L’anno dopo arriva Mourinho che vuole Quaresma e lui viene ceduto al Porto (squadra della sua città) nell’ambito di quella operazione.
Di lì in poi, una sorta di declino:
Un prestito senza fortuna alcuna al Portsmouth, una stagione in Spagna al Real Valladolid e anni tra Turchia, Grecia e Cipro, con una parentesi all’Olympiakos da ricordare per il prestigio della squadra e per lo scudetto ottenuto (ultimo trofeo per lui) ma non per le prestazioni (9 gare in dude mezze stagioni).
Appenderà gli scarpini al chiodo dopo una gara (con rete) con la casacca degli svedesi dell’Eskilstuna ed essere tesserato senza mai scendere in campo con i rumeni del Dunarea Calarasi (stagione 2019/20).
Difficile trovare info su di lui post ritiro: nessuna traccia suoi social ma noi continueremo a ricordarlo per un nome indimenticabile e perché, appena giunto, c’era parso abbastanza talentuoso.