Inter in difficoltà, parlano due ex della stagione 97/98: i problemi fisici e mentali dei nerazzurri

Sono stati due dei calciatori che hanno portato l’Inter ad un passo dallo scudetto nella stagione 1997/98 (la stagione del rigore negato a Ronaldo in Juventus-Inter) e che hanno contribuito alla vittoria della Coppa Uefa di quell’anno.

In un caso, parliamo in assoluto di una bandiera nerazzurra, nell’altro caso di un giocatore che comunque ha vestito i colori della Beneamata per diverse stagioni: parliamo del capitano di lungo corso Giuseppe Bergomi e di Benoit Cauet, centrocampista francese di cui abbiamo scritto qualche giorno fa parlando della casacca numero 15 oggi indossata da Acerbi.

I due hanno parlato del difficile momento dei nerazzurri: appannati e in crisi d’identità dopo appena 5 gare di campionato e una gara di Champions League.

Bergomi ha parlato ai microfoni di Sky, dichiarando:

“Dalle scelte di Inzaghi si capisce che questa Inter è in difficoltà, la squadra è impaurita e fisicamente non sta bene. Mi dispiace dirlo ma si è visto anche contro il Bayern, i tedeschi accettavano l’uno contro uno dietro ma all’Inter mancava il calciatore in grado di impensierirli e non riuscivano ad arrivare su nessuna giocata lunga”.

Dall’altro lato, Cauet ha parlato ai microfoni di fcinter1908.it ed ha convenuto sul fatto che ci siano problemi fisici e psicologici:

“Fisicamente la squadra non è nel suo migliore momento. Il campionato è appena iniziato, ma le altre vanno veloce. L’Inter viaggia a ritmo ancora molto tranquillo e contro avversari tosti, con qualità importanti, non è riuscita ad alzare l’intensità”.

E dal lato psicologico:

“Inzaghi ha il dovere di intervenire sulla testa dei calciatori. Nell’ultima partita si è visto un sentimento di negatività, sembrava la squadra non volesse andare avanti e assumersi responsabilità in fase di possesso palla. Ripeto, l’allenatore ha il dovere di intervenire sulla mentalità della squadra: sono tutti grandi giocatori, hanno già vissuto momenti difficili e devono tornare a viaggiare con un altro passo. Ho visto poca aggressività e paura di giocare”.

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